venerdì 22 maggio 2009

Rage I

Post un po' politico, un po' filosofico, sicuramente lungo e noioso. non vale la pena leggerlo.
Rabbia. È l’unico sentimento che ci possiamo permettere, noi pochi infelici disadattati. Siamo nati in un mondo che ci va stretto, di cui, sostanzialmente, non capiamo le dinamiche ed i meccanismi.
La gente che ci circonda ci paiono teatranti ignavi, legati a particine sterili, miriadi di comprimari scialbi.
Un tempo lottavamo per la sopravvivenza. L’uomo era una razza determinata. Si lottava giorno dopo giorno e ogni primevo tramonto cui i nostri antenati si affacciavano era una vittoria.
Poi lottavamo per espandere i nostri confini, per sopravvivere meglio, perché la nostra comunitas fosse più ricca e potente di quella vicina. Ci siamo evoluti e la lotta ha iniziato a perdere il suo significato primitivo. La sopravvivenza in gioco ora non è quella dell’individuo ma quello della realtà sociale in cui eravamo immersi. La guerra divenne elemento preponderante del nostro essere quotidiano.
Poi, nel medioevo, la lotta si scisse in miriadi di sfaccettature, tutte espressione dello stesso concetto: lo scontro.
Da una parte lo scontro di masse, popoli migranti contro gli autoctoni, barbaros contro poleicos, barbarorum contro cives, poi barbari contro barbari: unni, vandali, germani, poi visigoti, ostrogoti, longobardi, rus, sassoni e franchi. Poi ancora vichinghi, mori e turcomanni, infine kazachi, mongoli e tartari.
Dall’altra scontri locali, altrettanto cruenti: comune contro comune, feudo contro feudo, signore contro signore.
Infine apparve anche lo scontro individuale, per i principii: cavaliere contro cavaliere, eroi contro potenti, san Giorgio contro il Drago.
Anche allora l’Uomo lottava e ogni sera, dopo la battaglia, l’Uomo era sazio.
Passano i secoli, cambiano gli ideali, ma la lotta rimane, sempre più estesa, sempre più organizzata.
Anche la lotta individuale rimane quale sfogo concreto della pulsione recondita all’omicidio, alla distruzione alla necessità di sopravvivere intesa nel senso estrinseco, sopravvivere a qualcun altro.
L’ultimo secolo infine è stata l’apoteosi della lotta, il carnaio disumano della Grande Guerra, dove la lotta viene privata anche dei suoi valori di facciata, della morale propria di ogni fazione. Lo scontro è tutti contro tutti, fino alla fine. Si combatte con i fucili, con le baionette, le bombe, le vanghe, i coltelli, i gas, le mani, i denti, i sassi. Si combatte nel fango per sopravvivere al giorno, come millenni prima.
In ogni combattimento la rabbia ti porta avanti, finché ce n’è. Quando questa finisce, ti svuoti e muori.
Poi arriva la seconda guerra mondiale, la guerra giusta per tutti.
Era giusta per i tedeschi, che portavano scritto sui cinturoni le parole Got mit Uns e, probabilemente ci credevano.
Giusta per i francesi, i polacchi e gli olandesi, che erano stati aggrediti e che, naturalmente, scordavano che appena 20 anni prima hanno vessato fino alla fame l’odierno aggressore. Era giusta per i sovietici, che inalberavano il loro rosso vessillo per la grande guerra patriottica di liberazione. Stalin, con i suoi venti milioni di morti purgati dal suo regime passa per un liberatore, quasi un bonaccione nei confronti di Hitler, lo sterminatore del popolo di Davide.
Era una guerra giusta per i giapponesi, che allargavano il loro spazio di influenza nel nome del loro arcaico imperatore-dio. Lo era per i finlandesi, che combattevano contro i sovietici che tentavano da anni di sovietizzarli, per gli ungheresi ed i rumeni, più o meno per gli stessi motivi.
Naturalmente lo era anche per i mitici soldati statunitensi ed inglesi, che sono sempre dalla parte del giusto, in ogni caso e circostanza. Lo hanno pure scritto sulla loro cazzo di costituzione.
Era una guerra giusta per i cinesi che si liberavano dal giogo di altri cinesi nel nome di un contadino ignorante e fanatico dalla pettinatura ridicola.
Era una guerra giusta anche per il Brasile, anche se nessuno ha mai capito perché…
Infine era giusta anche per noi italiani, anche se abbiamo combattuto prima da una parte e poi, quando ci ha fatto comodo (oops, volevo dire quando ci siamo liberati del pelatone, cattivone), siamo diventati tutti partigiani.
Comunque sia abbiamo lottato, e tanto. Dopo abbiamo ricostruito.
I nostri genitori? Loro avevano lotte ideologiche, il ’68, le lotte per i diritti civili, aborto e divorzio in testa. Poi il rock’n’roll, il sesso libero e sfrenato (in realtà rispetto alle 16enni di oggi erano tutte educande, ma non lo ammettono), il Vietnam, la droga come stato della mente.
Anche li la rabbia veniva ben utilizzata.
Oggi invece? Per cosa cazzo combattiamo oggi? Per i soldi e per le donne. Sono le uniche cose che ci premono. E la rabbia ribolle dentro, senza possibilità di sfogo alcuno. Ci hanno levato la guerra e ci hanno dato il calcio. Non esiste più lo scontro individuale, ora al massimo abbiamo il televoto. La sera non siamo mai completi. Dateci, vi prego, una scusa per poter uccidere il nostro prossimo. Una qualsiasi, ne ho bisogno.

1 commento:

  1. beh nel mondo ce molta ipocrisia.....ma questo e storia..la materia che ci insegnano a scuola.... mi riferisco sopratutto al capitolo della seconda guerra mondiale ....... oggi comunque si combatte con la gente che ci sta sul cazzo...senza scopo, senza ragione ...solo perche ci sta sul cazzo........ma almeno alla fine se sei fortunato e lo lasci per terra rubbagli il portafoglio o la donna sempre se sei fortunato......ma nessuno ci e ancora arrivato

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