venerdì 4 settembre 2009

Regretful Deaths I

L’incontro con la Morte è inevitabile, quotidiano, sillogistico (ricordate? Tutti gli uomini sono mortali, Socrate è un uomo, Socrate è la Morte …).
A me poi capita spesso di trovarmici faccia a faccia. Svolto l’angolo ed eccola là, che si pulisce le unghie indifferente, accovacciata su un disgraziato pensionato che ha attraversato la strada quando non doveva.
Non dimentichiamoci poi che ogni mattina mi affaccio dalla finestra e Lei mi fa un cenno distratto (non devo stare molto simpatico neppure a Lei, penso) agitando una delle piume dell’anitra morta condominiale.
La cosa strana è che per quanto si sforzi di apparire seria (una volta si è travestita da professoressa di latino, ma l’ho sgamata lo stesso. Ha potuto solo rimandarmi a settembre per due anni consecutivi, la puttana), spesso è grottescamente comica.
Alcuni dei miei incontri con la morte sono alquanto surreali, quasi imbarazzanti.
Prendiamo ieri sera ad esempio.
Lei, per ingannare il caldo di fine stagione, aveva deciso di farsi vedere dalle parti di S. Giusto, a casa di un vecchietto che, a dirla tutta, probabilmente sembrava già cadavere da almeno un paio di anni, sennonché il cadavere in fieri rantolava, muoveva gli occhi e tentava di esprimersi. Un cadavere tutto sommato socievole.
I familiari del cadavere next gen di cui tratto erano un po’ preoccupati perché l’infermieradomiciliareautorizzatasonoio aveva diagnosticato un’improbabile glicemia attestata intorno ai 30. Dato questo invero preoccupante, in tutti tranne che nel nostro simpatico protagonista, il quale, a mio modesto parere, poteva fregarsene della glicemia bassa, tanto erano in pole position disidratazione, dispnea e quella simpatica patologia che lo teneva allettato da anni.
Una volta fatto il nostro trionfale ingresso (salve signò, siamo i power ranger) e subite le presentazioni di rito (salve dottò, l’infermieradomiciliareautorizzatasonoio) iniziavamo le complicate manovre di soccorso che prevedevano che il cadavere (ancora non abbastanza piacente per i canoni estetici di Grey’s Anatomy) fosse riempito di buchi, prima, e tubi, poi al solo scopo evidente di migliorarne l’estetica generale, visto che altri risultati in genere non sortiscono (Disclaimer: tale affermazione è vera solo per i cadaveri next gen, tutti gli altri soggetti traggono giovamento e letizia dall’essere riempiti di buchi e tubi, provate anche voi.).
Ebbene, essendo che oramai dobbiamo mendicare gli strumenti professionali dato il costante malfunzionamento/mancanza/eccessivacervelloticità dei nostri apparecchi, chiedevo alla famiglia del simpatico ometto (che in tutto questo frangente aveva emesso tre rantoli, guardato un po’ a destra e un po’ a sinistra, giusto per far partecipare un po’ tutti), il permesso di utilizzare il loro apparecchio per la rilevazione della glicemia. A quel punto una voce autorevole si faceva immediatamente avanti e mi ricordava che l’infermieradomiciliareautorizzatasonoio (caso mai fossi stato distratto le due volte precedenti).
Ottenuto quello che presupponevo essere il permesso del superiore diretto di Dio sul campo, scoprivo che, a causa dell’ignoranza della suddetta, la lettura glicemica tanto allarmante era errata (non vi spiego i tecnicismi, ma è un po’ come se a casa chiamaste l’idraulico perché non riuscite a farvi la doccia tirando lo sciacquone… ma in fondo l’infermieradomiciliareautorizzataeralei…)
Il punto però è che a questo punto il dottore (quello vero, inteso come laureato in medicina, non in scienze del niente assoluto), assolutamente ignaro del fatto che il cadavere apparentemente pronto per la sepoltura in realtà aveva ancora ben più di un barlume di consapevolezza, iniziava ad istruire i famigliari su come “non restassero che poche ore” assicurandoli che “non avrebbe superato la notte” e che “al massimo domattina… sono gli ultimi momenti…” o la perla di saggezza medica per cui “inutile farlo morire all’ospedale è meglio che muoia qui”.
Il cadavere, protagonista di tante attenzioni, su cui concentravo il mio distaccato interesse mediatico, da principio si è guardato intorno, per quanto gli permettesse la sua precaria condizione di “già defunto, tanto…” come per cercare chi fosse il disgraziato di cui quel dottore ed i suoi amorevoli parenti disquisivano tanto amabilmente (sembrava rallegrarsi che non stessero parlando di lui… cavolo sfigato quel tipo cui tutto ciò che restava era la massima per cui “morire a casa meglio che in ospedale”) salvo poi accorgersi del disguido e roteare gli occhi freneticamente, come per comunicare il suo “che cazzo dici stronzo, sono ancora qui! Bastardi!” A tutti.
Ahimé, il dottore, l’infermieraautorizzataeralei ed il parentame erano troppo occupati a disquisire su come la prossima morte “entro la notte…” come puntualizzava imperterrito il dottore, sarebbe stata un sollievo ( per voi bastardi, per voi! Dicevano chiaramente gli occhi del terrorizzato giàcadavere che intanto aveva portato il ritmo del suo respiro rantolante in pari con quello di un Labrador e aveva aumentato di 100cc il contenuto del sacchetto del catetere)…
A quel punto non ho più retto ed ho riso in faccia alla Morte, ridicola, grottesca, vuota e misera. Esattamente come la Vita.
Per fortuna a me tocca un proiettile.