lunedì 12 luglio 2010

Party Girl

Ho conosciuto la mia party girl venerdì, alle 6.45 di mattina, in centro.

Esatto gente, è proprio un’altra di quelle storie fantastiche piene di supereroi e sarcasmo, con una vena di malinconia di fondo che solo alcuni tra voi sono in grado di percepire (alcuni “i”, sia ben chiaro…).

In sottofondo suonano i Radiohead, fuori la notte è calda e appiccicosa, nemmeno le rane hanno più voglia di fare casino. È tardi anche per loro. Uno strano insetto cammina sulle mie parole, cercando di intercettare il cursore. È simpatico, ma non troppo sveglio. Lo manca sempre.

Sto bevendo the bollente. Lo so, sembra una cazzata. Almeno a me sembrava una cazzata in Mali, dove l’ho imparato. Invece, se bevi the bollente quando fa caldo, tutto va a posto. Credetemi, funziona.

Comunque, la mia party girl ha 8 anni. Ed è incazzata. Molto incazzata. Probabilmente ha ragione lei.

Appena arriviamo a casa sua, io e quei tre sfigati che mi sono rimasti per squadra, conosciamo sua madre.

Neanche quarant’anni, un tempo molto carina (a giudicare dalle foto sparse un po’ ovunque), le tette in evidenza sotto una camiciola il cui mestiere non era certo quello di coprire alcunché.

La casa invece mi piace. Piccolissima, con un soppalco su cui è stato posto un letto matrimoniale e un armadio. Un tavolo, un paio di librerie, quasi null’altro. Semplice e carina.

La conversazione si fa subito surreale:

- ‘giorno.

- …. …. …. (lo so, ma alle 6.45 non sono molto comunicativo)

- Ècheiononnepossopropriopiùnoncelafaccioadandareaventicosìèildiavolo.

- Signora, mi hanno detto che c’è una bambina che non va di corpo.

- Cosa?

- Non caca.

- Chi?

- Non lo so, signora, me lo dica lei.

-

- Signora?

- Mi butta le cose in terra.

-

- Io glielo ho anche date.

- Ha fatto bene.

- Ma lei me le ha ridate più forte!

- Scusi, ma quanti anni ha?

- Chi?

- La bambina, gesù!

- 8 anni

- E perché non gliele ha ridate più forte ancora? (empatia,la mia si chiama empatia)

- Mi hanno detto di chiamare lo psicologo.

- Ottima idea, allora noi possiamo andare…

- No, mi ha dato l’appuntamento a tra un mese e io che faccio intanto? (non so, un corso di autodifesa?)

- N., vai a vedere la bambina, intanto.

- È di sopra.

- Quassù non c’è…

- Sinascondesempreioglielodicomaleisbattelecoseperterraeivicinisilamentano,anchelorochevogliono,èlabambinamicaiodevonocapirechepoi…

- Hanno ragione.

- Chi?

- I vicini.

- Quassù non c’è nessuno. (perfetto, davvero perfetto. Occhiata eloquente alla signora: Magari invece dello psicologo potrebbe provare con lo psichiatra… ci sta che le risolva il problema).

- C’è una porta del bagno, magari è in bagno…

- Bagno? C’è un solo bagno ed è quaggiù, ma che dice.

- C’è una porta, che faccio apro? È uno sgabuzzino (si, dai, varca la soglia che andiamo tutti a Narnia…).

- Qui non c’è nessuno. (le bambine sono come le fate, non lo sapevi? Prova a seguire il filo d’argento…).

Decido che N. non è la persona adatta per effettuare le ricerche. Salgo anch’io ed entro nello sgabuzzino. nota per N. se c’è un letto con una trapunta(a luglio, con 30 gradi!), si chiama camerina, non sgabuzzino, anche se è un metro per due…

Mi guardo intorno. In effetti non c’è nessuno. Immobilità assoluta. Ci metto un attimo a capire.

I bambini di solito fanno esattamente quello che farei io in situazioni simili.

Mi chino e alzo le coperte.

- Vieni fuori piccola.

-

- Dai, che non è carino se tu stai li ed io ti parlo da qua.

-

- Vuoi dirmi che succede?

-

- Ok, ciao

-… tu…. tu…tu… pronto 118! (e come dubitarne…)

- si, è la treuno la bimba sta bene, è sotto il letto e non vuole venire fuori. Nessun problema, io andrei anche via.

- aspetta in linea! (loro non parlano, danno ordini...).

-…

- aspetta!

- … (musica in sotto fondo. Sembra highway blues. Mi domando come mai piacciano tanto i successi USA degli anni 50…).

- si pronto? (voce femminile, calda e sexy)

- ciao… (voce mia, calda e sexy).

- ma chi è?

- io sono l’ambulanza e tu chi sei? (tono insinuante, come se stessimo ad una festa e lei fosse la ragazza più carina dei dintorni… sono proprio un deficiente alle volte, ma mi viene spontaneo…)

- Ma, io sono la dottoressa della centrale 118, chi è che parla!

non era una domanda e non voleva alcuna risposta, così mi limito a spiegare anche a lei la situazione, sottolineando come a) non ci fosse alcun problema e b) in ogni caso non potevamo fargli nulla (non esiste un farmaco che faccia passare l’incazzatura ad una bambina di 8 anni…).

- Bene, mando l’ambulanza col medico (e invece, evidentemente, esiste).

E riaggancia. (cazzi tuoi bimba, tanto non eri affatto la più carina della festa…)

Dopo un paio di decine di minuti arriva la ssn enterprise, con a bordo, oltre al solito equipaggio di sfigati vestiti come il capitano Kirk, anche una delle mie due dottoresse preferite.

Questa per la precisione è molto carina, molto competente e assolutamente indifferente a qualsiasi cosa i pazienti abbiano da dirle. Lei si occupa di emergenza, non di consolare o dare consigli generici da medico di famiglia. E io l’adoro. E lei adora me… Peccato che lei sia molto troppe cose…

Rapido riassunto del problema. Fatto questo le dico che noi andiamo via.

- non ci pensare neanche.

Ok, tanto oramai è tardi per tornare a letto ed in fondo non mi dispiace vedere come si chiama la medicina che fa passare l’incazzatura. Magari ne avanza un po’ anche per me. Io adoro i farmaci.

Saliamo insieme sul soppalco, che è molto stretto e c’entriamo a mala pena tra il letto e la porta.

Immediatamente però tra noi si insinua prepotentemente una figura maschile. Che dal suo metroesettanta di imponenza mi squadra trasmettendomi il suo messaggio: tra di noi uno è di troppo. Lei è mia (si, nei tuoi sogni umidi, sfigato…).

Lo guardo anch’io e con un sorriso accattivante e sincero, come riesce solo a me, gli trasmetto il mio: wow quanto sei figo… perché non ti chini a succhiarmelo, già che ci sei?

Ma, al solito, devo averlo pensato a voce troppo alta, perché lei mi sorride ridacchiando e lui mi spinge via ed entra nella cameretta.

- Esci fuori dai, che ti visito (ho detto che è competente, non che è anche gentile…)

- Via esci fuori…

- Dottoressa, se vuole ci penso io, levo il materasso e la rete…

Lo guardo meglio. Mi ero sbagliato su di lui.

Non è un coglione. No, è proprio un’imbecille.

Di quelli che speri sempre che si estinguano in fretta, come i fighetti, quelli con la mini e quelli che giocano a calcetto.

Stavolta sono io che lo spingo via. Mi chino verso la bimba e facendo la mia migliore imitazione di Jerry Lewis, me esco con:

- Guarda che questi fa-fa-fa-nno sul seeerio piccola, sono caaattivi davvero, mica come noooi.

A questo punto purtroppo mi ricordo che faccio cacare a fare le imitazioni di Jerry Lewis. E poi nessuno neanche sa più chi cazzo era Jerry Lewis…

La mia party girl però mi guarda da sotto il letto. ha gli occhioni grandi ed è spaventata. Però sorride. Un po’.

Allora mi sdraio anch’io e mi infilo con lei sotto il letto. in effetti non si stava affatto male. Il pavimento era fresco e le coperte ti impedivano di vedere i piedi degli adulti intorno a noi. Sarei voluto restare anch’io li sotto per un bel po’.

Le ho chiesto cosa c’era che non andasse. Se c’erano problemi con la mamma. Mi ha detto che il babbo non abitava più con loro. Le ho detto che avevo capito. Il problema era che il letto di là era disfatto da tutte e due le parti. Le ho detto che alle volte il mondo fa un po’schifo. In generale.

Ha fatto sisi con la testa, ma non a me. In generale.

Le ho anche mentito. Le ho detto che le cose migliorano sempre. Ma non sono bravo a dire le bugie e lei se ne è accorta subito.

Dopo poco siamo dovuti uscire fuori (io, lei ha solo messo la testa fuori e ha sorriso alla dottoressa).

In fondo è stato un servizio deludente per tutti. Nessuna vita da salvare per gli eroi di star trek, nessun mondo fantastico dentro lo sgabuzzino per N., nessun caso clinico interessante per la mia dottoressa preferita e soprattutto, nessun farmaco della felicità per me.

Appena prima di risalire sull’ambulanza (la mia era parcheggiata per sbieco, un po’ come capitava, con i lampeggianti spenti. Quella del supereroe era perfettamente posizionata, come da protocollo con tutto acceso, in modo che i piccioni, gli unici in giro a quell’ora, capissero che lui era in codice giallo…), mi rendo conto di essere un gran maleducato, stavo dimenticando di salutare. mi volto e sorridendo come un imbecille punto la mano a forma di pistola verso il cretino. Lo guardo e faccio: bum! (adoro quando mi faccio nuovi amichetti con cui giocare…)

Sulla via del ritorno mi sorpassa sgommando.

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